LE PRÉNOM
Cena tra amici
di Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patellière
diretto e interpretato da Agnese Mercati, Federico Palumeri, Alessandro Cassutti, Lorenzo De Iacovo, Giulia Cerruti
voce di Matilda Leone
elementi di scena Maurizio Fò
assistenza tecnica Adriano Antonucci, Chiara Bosco
una produzione Doppeltraum Teatro / Crack24
in collaborazione con A.M.A. Factory
Parigi, oggi. Cinque persone appartenenti alla media borghesia stanno per vivere una serata come tante altre. Élisabeth e suo marito Pierre sono professori. Vincent, il fratello di lei, fa l’agente immobiliare e la sua giovane moglie incinta, Anna, è un’esperta di moda, mentre Claude, storico amico d’infanzia, è musicista. Vincent e Anna stanno per diventare genitori per la prima volta e vengono invitati per festeggiare, insieme a Claude, a casa di Élisabeth e Pierre. Ma quando la giovane coppia rivela il nome che vuole dare al bambino, tutto si frantuma. La discussione degenera investendo valori e scelte personali. Tra sorprese e battaglie private che non escludono nessuno, si svela il ritratto di una famiglia allo sbando. Tutti e cinque fanno i conti con i propri segreti e i propri difetti, ma anche con un comune sentimento di appartenenza che porta ad un finale aperto e “riparatore”.
NOTE DI REGIA
Lo spettacolo nasce nel 2018 grazie all’incontro della Compagnia Crack24 e Doppeltraum Teatro. A partire dalla prima lettura del testo ce ne siamo subito innamorati: una divertente “chiacchiera quotidiana” di un nucleo famigliare borghese costituito da stereotipi sociali ben riconoscibili, in grado però di arrivare a parlarci dell’universo umano con una sensibilità e profondità rari. Le prénom è una macchina da risate inarrestabile, ma non è solo una commedia: si ride tanto, ma si arriva presto a riflettere su quello che sta all’interno delle nostre famiglie. Osservando i personaggi non ci si può non riconoscere, anche se con un po’ di fastidio, in uno o più di loro: non sono ne’ buoni ne’ cattivi, ne’ giusti ne’ ingiusti, sono semplicemente reali, umani e quindi complessi.
La casa che abbiamo scelto è un ring. Un pvc bianco il nostro pavimento. Pezzi di legno grezzo i nostri muri, macerie che non si tengono più su. Una casa senza fondamenta, faticosa da costruire, facile da distruggere. Cinque persone entrano nello spazio bianco ed è subito casa. Citano ricette all’unisono ed è subito cena. Si lanciano una manciata di polvere ed è subito la fine. L’immaginazione ci prende per mano, il pubblico è seduto in casa con noi, attorno ad una grande tavola/ring, a vivere una cena in cui si ride, si urla, si assiste a colpi di scena grotteschi, a balli che spezzano silenzi insostenibili, a rancori e legami profondi che esplodono all’improvviso. Da uno scontro politico nasce uno scontro tra esseri umani che fino a quel momento erano convinti di conoscersi interamente. Così, da un’ atmosfera apparentemente divertita in cui ognuno cerca di “salvarsi la faccia”, irrompe qualcosa di reale che fa surriscaldare gli animi e ne svela la parte più oscura.
Il super obiettivo che ci guida dal primo giorno di prove è quello di indagare l’essenza del testo, il non detto, ciò che sta sotto le parole. Abbiamo così lasciato in cantina tutto ciò che, per noi, non era essenziale: il divano, il tavolo, il cibo, il vino, i pianti finti dei bambini, il pancione di Anna. Ci siamo costretti in una condizione di pericolo, dentro uno spazio vuoto, aggrappandoci alla verità delle relazioni tra di noi, senza appigli esterni se non il pubblico perché pensiamo che il teatro e la vita siano un rischio condiviso e che l’unica cosa che possiamo fare in quanto interpreti sia quella di metterci in una reale condizione di vulnerabilità e di lasciare esistere il nostro bisogno degli altri. Questa è la condizione a cui naturalmente arriva anche ogni personaggio della nostra storia, smascherandosi, rifiutando la gabbia di un ruolo che non gli appartiene, ignorando le convenzioni delle buone maniere e abbandonandosi nel vuoto per lasciarsi, finalmente, guardare. – Agnese Mercati